PRESENTAZIONE

L'Italia e l'utilizzo della parola.
Potrei scrivere un trattato di semiotica sulla schizofrenia collettiva del popolo italico impostandolo sulla consumazione o, se vogliamo, sulla fagocitazione delle parole che vengono elevate dalla propaganda parlata e scritta ad un valore collettivo di speranza e poi, dopo essere state svuotate dei loro contenuti, vengono abbandonate come ossi spolpati nel paesaggio desolato della nostra anima collettiva. Ne potrebbe uscire un libriccino tragicomico che potrebbe intitolarsi "La (PEN)ISOLA va giù". Un titolo che mi ricorda uno spettacolo che ho molto amato.
Vediamo un po' di riassumere alcune di queste parole ormai consunte che mi hanno assillato, illuso e deluso, gasato e depresso negli anni complicati prima del mio rientro in Italia, avvenuto dopo una lunghissima emigrazione da paesi dove si parla poco e si decide subito.
Ecco alcune delle parole che mi frullano da mesi per la testa: Stabilizzazione, Giustizia, Pace, Cambiamento, Rifondazione, Crescita, Risanamento, Solidarietà, Integrazione, Ripresa, Rottamazione, Cambiamento, Ripartenza. Un vortice che si è trasformato in un gorgo mentale.
Se ci penso bene tutto questo angosciante ragionamento, che a prima vista sembra un po' surrealista, mi è venuto in testa perché noi, Teatro Stabile della Toscana, ripartiamo davvero. E in questa ripartenza sono contenuti tutti quei concetti di quelle parole che come per magia sembrano riprendere forza.
Perché ripartiamo alla grande con una splendida edizione del Festival Contemporanea.
Perché ripartiamo senza paura in un momento di grandi difficoltà economiche, di grandi dilemmi sulle strategie che ci attendono in un futuro molto prossimo, ripartiamo con la voglia di crescere, di fare molto di più di quel tanto che abbiamo fatto fino ad ora perché siamo una formidabile istituzione culturale, con un grande passato e, sono sicuro, che ci attende un grandissimo domani.
Ripartiamo con un Festival che ha voglia di cambiare le realtà del Teatro e di cambiare se stesso.
Ripartiamo con un Festival che è un messaggio di pace di giustizia di solidarietà, di integrazione e di amore.

PAOLO MAGELLI

 

 

CONTEMPORANEA FESTIVAL_14 le arti della scena, è un appuntamento che genera ogni anno un intenso movimento di persone, artisti, idee, spazi, comunità. Dopo la pausa estiva, ad apertura di stagione, il festival rappresenta sempre un momento particolare che trasforma il teatro e la città in un luogo di incontro importante per osservare e raccontare le trasformazioni della scena contemporanea.
La produzione di questo evento è sempre l’occasione di sperimentare poetiche e visioni che mettono al centro dell’interesse l’agire scenico e il processo di costruzione dell’opera, raccogliendo la sfida di progettare dovendo fare i conti con uno spazio e con un tempo definiti che si presentano come vincolo o come potenzialità espressiva. Il festival diventa così il luogo di incontro di linguaggi differenti, presenti e futuri, con un territorio.
Il progetto ha disegnato nei diversi anni della sua attività infinite traiettorie, costruendo reti, progettualità, strategie; ogni edizione si è caratterizzata per la ricerca di spazi nuovi e inusuali come spesso nuovi, intrecciati e indisciplinati sono stati i linguaggi, le storie raccontate, le suggestioni offerte.

 

CONTEMPORANEA FESTIVAL, in questa edizione 2014, vuole stabilire un nuovo ambito di riflessione, dove il protagonista e destinatario privilegiato è il pubblico, sempre a caccia di suggestioni, aperto, curioso, teso all’appagamento e incline alla seduzione.
Ogni occasione di partecipazione - laboratori, incontri, conversazioni, azioni, spettacoli - diventa così un passo nel compimento di un percorso virtuoso di consapevolezza e di arricchimento culturale, uno spostamento che apre lo sguardo verso nuovi orizzonti fino ad includere direttamente lo spettatore e la realtà nella relazione con la scena, ribaltando completamente l’esperienza della visione.
Le numerose ospitalità internazionali, l’adesione a network europei, le diverse connessioni sul territorio, il dislocamento nella città, le collaborazioni artistiche, la qualità dei lavori, costruiscono una geografia ricca e complessa e potenziano la relazione di intensità e il legame, o la giusta distanza, tra l’opera e lo spettatore. Siamo certi che le necessità di questo tempo ci portano a ripensare il collegamento tra l’artista e il pubblico, tra l’opera e l’esperienza dello spettatore, tra il processo della creazione e il senso di comunità, chiedendo alle parti di assumere un diverso posizionamento, un movimento dall’interno a favore di una dimensione che possa rendere ancora presente il potenziale di trasformazione della scena, della cultura e dell’arte.


EDOARDO DONATINI